Quando il sole di luglio scivolerà dietro le isole dello Stagnone e il vento porterà l’odore di sale fin dentro le mura di ciò che resta delle terme romane di Lilibeo, due voci senza frontiere – un contrabbasso che sa di pietra e di alghe, una chitarra che vibra come un cuore di giungla – s’intrecceranno per raccontare la storia di un incontro impossibile eppure necessario. Arabella Rustico, musicista marsalese cresciuta a pane, jazz e tramonti rosa, e Cainã Cavalcante, chitarrista di Fortaleza con il sole negli accordi, porteranno nella cava archeologica il loro dialogo intitolato La Sicilia incontra il Brasile, un concerto-manifesto di un Mediterraneo che non teme di specchiarsi nell’Atlantico e, anzi, vi riconosce una malinconia gemella.
Lo spettatore che quel pomeriggio imboccherà il vialetto polveroso del Parco Archeologico Lilibeo scoprirà anzitutto un palcoscenico di pietra temprata dal tempo. Le antiche piscine termali, svuotate dell’acqua ma non del respiro, custodiscono ancora l’eco dei passi romani; sopra di esse, a mezz’aria, la piattaforma in legno appare lieve come una barca pronta a salpare sull’onda dei suoni. È qui che il Movimento Artistico Culturale di Marsala, capofila della rassegna estiva a Scurata (giunta all’ottavo anno e dedicata alla memoria del regista Enrico Russo), ha deciso di accendere la prima scintilla del viaggio verso il teatro a mare Pellegrino 1880. Un prologo in cui l’architettura dell’antico incontra la fragilità di un tramonto, e la musica ne diventa custode provvisoria.
Rustico entrerà in scena con il suo contrabbasso scuro come un catrame aurorale; le corde, pizzicate o sfiorate con l’arco, restituiranno profondità di fondale e mormorii di porticciolo. Cavalcante, seduto su una sedia di paglia, risponderà con una chitarra a sette corde – tradizione carioca che allarga il registro verso bassi cavernosi – e con una voce che pare un sorriso venato d’ombra. Insieme affronteranno un repertorio che non appartiene né all’una né all’altro, ma nasce, letteralmente, tra i due: standard della música popular brasileira riletti con impennate modali mediterranee; antichi canti siciliani diluiti in armonie di bossa nova; brani originali, composti apposta per quest’occasione, in cui le lingue si confondono e scirocco e saudade diventano due declinazioni di una stessa nostalgia.
Non sarà un semplice concerto di world music, categoria in cui spesso si inscatolano incontri sonori per il solo fatto di provenire da coordinate diverse: qui la geografia è intesa come esperienza intima, topografia emotiva. Arabella racconta la sua isola con la misura di chi l’ha già lasciata mille volte per poi ritornare, e dunque la guarda con la benevolenza di un esule; Cainã suona il Brasile come una paraguas aperta nel pieno del monsone: le dita corrono veloci, gli accordi spezzano la metrica canonica, la melodia si apre e subito si nega. A Lilibeo, queste due solitudini complementari si troveranno a dialogare sotto gli occhi di mura che hanno attraversato fenici, punici, romani, arabi e normanni: un ciclo di civiltà che suggerisce come l’incontro sia, in Sicilia, la più antica delle abitudini.
La collocazione oraria – le 19.30 precise, quando il sole si fa radente e l’aria arrossisce – non è scelta di comodo ma gesto drammaturgico. L’idea, spiegano gli organizzatori del MAC, è di inserire lo spettatore in un continuum paesaggistico: luci naturali che cambiano volto al parco minuto dopo minuto, suono che si adatta al nuovo colore, memoria che si riattiva al cospetto di ruderi abitati dalla voce dei gabbiani. Non a caso il progetto rientra nel percorso chiamato “viaggio verso la scurata”, parola dialettale che indica la calata del buio. Ogni appuntamento precede di poco l’imbrunire, perché la notte non cada di colpo ma venga preparata da una lenta scoloritura del cielo in cui la musica svolge il ruolo di tessitrice.
Chi volesse farsi spettatore dovrà prenotare un posto – on-line o nell’agenzia di via dei Mille – quasi fosse un passaporto metaforico: la biglietteria permette perfino l’uso della carta del docente, a ribadire che ascoltare è atto formativo prima ancora che ludico. L’invito è rivolto a cittadini, turisti, curiosi e romantici; a chi conosce già ogni pietra di Lilibeo e a chi vi arriva per la prima volta; a chi cerca l’eleganza formale di un concerto da camera e a chi invece insegue semplicemente l’emozione di sedersi tra colonne traforate dal tempo, lasciando che l’accordo di un contrabbasso e l’arpeggio di una chitarra cuciano insieme due oceani.
Quando le ultime note si dissolveranno e a far da colonna sonora resterà il respiro grave del mare, qualcuno forse si alzerà con l’impressione di aver assistito a un dialogo fra fantasmi benevoli: il fantasma di tutte le partenze siciliane, quello di tutte le attese brasiliane. Se il concerto avrà compiuto il suo intento, quei fantasmi avranno trovato per un’ora un corpo comune. E chi tornerà a casa, attraversando le vie bianche di sale che costeggiano la laguna, porterà con sé un segreto semplice: che tra due rive lontane può bastare una canzone per stendere un ponte, e che sotto il segno della musica persino l’archeologia smette di essere reliquia per farsi promessa.