Vincenzo Pirrotta riporta in scena al Teatro Biondo di Palermo una delle testimonianze più originali e intense del Novecento italiano: Terra matta, l’autobiografia di Vincenzo Rabito, contadino siciliano semianalfabeta che, attraverso pagine dattiloscritte dense di passione e verità, racconta la propria vita straordinaria in mezzo agli eventi che hanno segnato il secolo scorso.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Biondo e dal Teatro Stabile di Catania, debutterà in prima nazionale il 28 marzo 2025, con repliche fino al 6 aprile a Palermo, e dall’8 al 13 aprile al Teatro Verga di Catania.
Accanto a Pirrotta, sul palco troviamo Lucia Portale, Alessandro Romano, Marcello Montalto e un ensemble musicale composto da Luca Mauceri (autore delle musiche originali, e anche alla chitarra, percussioni ed elettronica), Mario Spolidoro (organetto, chalumeau, chitarra) e Osvaldo Costabile (violino, violoncello). Completano il team creativo Francesca Tunno per i costumi e Antonio Sposito per le luci.
Nato nel 1899, Rabito visse un’esistenza fatta di fatiche, guerre e povertà. Iniziò a lavorare nei campi sin da bambino per aiutare la madre e i fratelli, combatté nella Prima guerra mondiale, sopravvisse ai bombardamenti della Seconda, attraversò la fame endemica del Meridione contadino e assistette infine al boom economico del dopoguerra. La sua vita, tuttavia, non è solo cronaca, ma un’epopea popolare narrata in una lingua inedita, fatta di neologismi, errori inventivi e un’energia espressiva che rasenta il lirismo. Questo “Rabitese”, come lo definisce Pirrotta, è diventato strumento teatrale potente, in grado di restituire tutta la forza e la disperata ironia dell’autore.
L’adattamento teatrale: tra grottesco e poesia
Pirrotta ha costruito un adattamento scenico che non si limita a riportare fedelmente il testo autobiografico, ma lo reinventa attraverso il linguaggio teatrale. “Il teatro ha tempi diversi rispetto a un romanzo”, spiega il regista e protagonista, “per questo ho dovuto inventare situazioni e personaggi, molti dei quali giocano tra il grottesco e il teatro dadaista”. L’uso del grottesco, infatti, permette di dare vita ai personaggi e alle emozioni con uno stile che attraversa comicità, amarezza, e una forte carica emotiva.
Le musiche originali, composte da Mauceri e suonate dal vivo, accompagnano e amplificano la narrazione, offrendo una colonna sonora che è parte integrante dello spettacolo. Non mancano nemmeno le canzoni scritte da Pirrotta, che sintetizzano i momenti storici e i viaggi di Rabito, dalla guerra in Africa al ritorno in una Sicilia in trasformazione.
La scoperta del manoscritto da parte di Pirrotta fu un colpo di fulmine. Quando ancora il libro non era stato pubblicato da Einaudi, fu Evelina Santangelo – poi curatrice dell’edizione – a proporgli una lettura pubblica. Inizialmente scettico sulla sua autenticità, Pirrotta dovette ricredersi: “Quel linguaggio era talmente inusuale da sembrare inventato, ma toccando con mano le copie dattiloscritte capii che tutto era vero”.
Il successo di Terra matta come libro è stato immediato, diventando un caso editoriale e culturale. Ma è soprattutto sul palcoscenico che la lingua di Rabito sprigiona tutta la sua potenza emotiva. Lo dimostrano le reazioni del pubblico, che – racconta Pirrotta – spaziano dal riso al pianto, creando una partecipazione intensa e viscerale.
Uno specchio dell’Italia del Novecento
Terra matta non è solo la storia di un uomo, ma il ritratto di un’Italia che cambia, vista dal basso, da chi ha vissuto la storia senza scriverla, subendola e resistendo. È il racconto di chi ha dovuto “terare la vita” – come diceva Rabito – ossia tirarla avanti con fatica e ingegno, senza mai perdere il gusto per il racconto e la voglia di vivere.
Lo spettacolo si chiude con un canto corale, un valzer che simboleggia il passaggio dall’instabilità alla conquista del “posto fisso”, quasi a indicare una cesura definitiva nella vita del protagonista. Prima e dopo, però, resta la forza di un uomo qualunque che ha saputo raccontarsi con uno stile unico e una voce inimitabile.