Nel grande atrio neoclassico del Teatro Massimo, tra i lampadari di cristallo che restituiscono bagliori di memoria verdiana e i passi frettolosi di visitatori estivi in cerca di ristoro, si discute da giorni di una novità che ha il sapore delle occasioni rare: la nascita dell’Accademia Lirica per giovani talenti, voluta e finanziata dalla Fondazione in collaborazione con l’Assessorato regionale al Turismo, Sport e Spettacolo. È un’idea che riannoda il presente alla storia quasi centenaria dell’ente lirico palermitano, ma che guarda avanti con l’audacia di chi sa che il futuro dell’opera passa necessariamente per la formazione di nuovi interpreti, pronti a dialogare con registi, tecnologie e linguaggi in continua metamorfosi.
Il bando, pubblicato online il primo luglio, traccia una mappa di requisiti precisa e al tempo stesso estremamente inclusiva: età tra i diciotto e i trentatré anni, cittadinanza senza confini, curriculum essenziale ma onesto, un video che testimoni almeno due arie tratte dal grande repertorio, preferibilmente in lingue e stili diversi. La selezione, spiega la commissione, sarà tutt’altro che un semplice concorso di voci: conteranno la musicalità, la correttezza stilistica, la capacità drammaturgica di “raccontare” la scena anche in mancanza di scenografia e costume. In un’era in cui gli spettatori navigano tra cinema, streaming, videogiochi e musica liquida, il cantante lirico è chiamato a somigliare sempre più a un attore completo, capace di modulare la voce come strumento e il corpo come pennello.
A guidare la nuova scuola è stato chiamato Pietro Ballo, tenore di fama internazionale, la cui voce – definita da Carlo Maria Giulini “un raggio di sole che sa farsi lama” – ha attraversato i palchi più prestigiosi, dalla Scala al Metropolitan. In una conferenza informale, seduto sul bordo del proscenio della Sala Grande, Ballo ha rivissuto la propria formazione al Centro di Avviamento Lirico del Massimo, struttura che negli anni Ottanta consentì a molti giovani siciliani di varcare il confine dell’isola per approdare ai teatri del mondo. «Oggi – ha raccontato – torno qui per restituire ciò che ho ricevuto: disciplina, cura per la sillaba, rispetto per il silenzio che precede ogni nota». Il curriculum di Ballo parla di collaborazioni con Zeffirelli, Ronconi, Pizzi; a chi gli domandava se intenda replicare quei modelli di regia monumentale, ha risposto che il vero lavoro sarà insegnare ai ragazzi a “respirare” il recinto scenico, qualunque esso sia: un palazzo barocco, un’installazione contemporanea, un set digitale per l’opera in realtà aumentata.
Il percorso – gratuito in ogni sua fase, dai laboratori di tecnica vocale alle lezioni di movimento – durerà dodici mesi, con incontri quotidiani su repertorio, dizione, lingua, storia della musica, consapevolezza corporea e persino nozioni di contrattualistica e marketing personale. Non si tratterà soltanto di studiare Mozart o Puccini, puntualizza il Sovrintendente Marco Betta, ma di affrontare il mercato globale: audizioni in video, self-tape, interviste in più lingue, gestione dello stress. «Vogliamo formare cantanti cittadini del mondo», ha dichiarato, «artisti che conoscano la tradizione ma non ne siano prigionieri». A fine anno, i migliori allievi esordiranno in produzioni del Teatro o in tournée didattiche che toccheranno piccoli centri siciliani, estendendo l’eco del progetto oltre la cerchia del capoluogo.
Il bando stabilisce che la domanda vada inviata entro le dodici del 15 luglio tramite la sezione “Audizioni e selezioni” del sito istituzionale; pochi click, un caricamento di file, la promessa di un colloquio con la commissione fissato per il 28 luglio nella Sala Coro. In quella sala – una navata bianca in cui gli ottoni del soffitto restituiscono un riverbero pastoso – giovani provenienti forse da Seoul, Bogotá, Almendralejo o Caltagirone si troveranno fianco a fianco, uniti dalla comune attesa che precede l’attacco del pianista accompagnatore. Sarà, anticipano gli organizzatori, un ambiente protetto, ma onesto: niente illusioni, nessuna concessione al facile entusiasmo. La carriera lirica rimane disciplina crudele, fatta di rifiuti e di voli improvvisi; l’Accademia vuole fornire strumenti per atterrare in piedi dopo ogni salto.
Il sostegno economico del progetto, sottolinea l’Assessore Elvira Amata, rientra in una strategia culturale più ampia con cui la Regione intende trattenere i talenti siciliani sul territorio, frenare l’esodo intellettuale e, allo stesso tempo, attrarre studenti stranieri, trasformando Palermo in polo di scambi artistici. Non è un caso che la presentazione del bando coincida con i lavori di restauro del Ridotto: a settembre quella sala ospiterà masterclass aperte al pubblico, perché l’Accademia vuole essere laboratorio trasparente, non club esclusivo.
Il canto lirico, dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Immateriale dell’Umanità, incontra oggi sfide inedite: sale che chiudono, budget ridotti, competizione feroce con altre forme di intrattenimento. Eppure, ascoltando la passione con cui il Sovrintendente Betta parla di “un volo dentro le vocali”, ci si ricorda che pochi linguaggi possiedono la forza emotiva dell’opera. Se un ragazzo di vent’anni decide di misurarsi con Verdi o Strauss, lo fa perché avverte ancora la necessità di quella vibrazione fisica, di quel respiro collettivo che unisce scena e platea in una sola colonna sonora.
Fra qualche settimana, dunque, nel foyer liberty del Massimo entreranno ragazzi con trolley, spartiti, bottigliette d’acqua e il timore di steccare. Usciranno forse solisti in erba, pronti a scambiarsi numeri di telefono, a commentare il difficile mi bemolle di un’aria di Gounod, a registrare video-selfie per i social. In quel passaggio sta tutto il senso dell’Accademia: traghettare la più antica delle arti vocali dentro la contemporaneità senza snaturarla, custodendo la fiamma e alimentandola con ossigeno nuovo. Se anche uno solo di loro, fra dieci anni, dovesse debuttare in un grande teatro mondiale o guidare a sua volta una scuola di canto in un villaggio remoto, l’investimento di oggi avrà trovato compimento. E forse, mentre l’ultima campanella d’aula suonerà, qualcuno ricorderà che ogni percorso comincia proprio così: con un click su “invia candidatura” e con un sì interiore che vale più di qualsiasi applauso.