Il Teatro Massimo Bellini di Catania ha recentemente portato in scena una raffinata edizione del Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, in programma dal 7 al 15 marzo. Per questa produzione, la regia è stata affidata a Davide Garattini Raimondi, che ha ripreso l’allestimento storico ideato nel 2008 dal celebre scenografo Ezio Frigerio e dalla costumista Franca Squarciapino, la quale, per la sua maestria, ha ricevuto un riconoscimento speciale dall’Ente lirico catanese nella serata della prima.
L’operazione registica ha proposto una reinterpretazione scenografica traslando l’ambientazione dal XVIII secolo agli anni Venti del Novecento, un’epoca ritenuta affine per atmosfere e tensioni sociali. Questo cambio temporale ha influenzato non solo costumi e scenografie, ma anche la cifra espressiva dello spettacolo, inserendo elementi simbolici come un’elegante automobile d’epoca, cabine da stabilimento balneare, sigarette accese nervosamente dai personaggi e persino un album fotografico in cui Leporello raccoglie il celebre catalogo delle conquiste di Don Giovanni.
Un’interpretazione audace e discussa
L’operazione di Garattini Raimondi si è ispirata a un’estetica cinematografica, citando espressamente il capolavoro di Billy Wilder A qualcuno piace caldo. L’intento dichiarato era quello di rendere lo spettacolo dinamico e narrativamente fluido, una scelta che ha portato a soluzioni registiche particolari, in alcuni casi audaci e controverse.
Pur essendo rispettose della drammaturgia, alcune trovate hanno generato perplessità. Ad esempio, Don Giovanni non uccide il Commendatore con una spada, ma con un cacciavite, mentre il finale si discosta significativamente dalla tradizione: anziché la classica discesa agli inferi, il protagonista viene giustiziato da sicari in nero, mentre la statua del Convitato di Pietra assume la forma di una luce eterea, metafisica, piuttosto che un’entità tangibile. Se da un lato questa soluzione ha offerto una suggestiva reinterpretazione visiva, dall’altro ha sollevato interrogativi sulla fedeltà al senso originario dell’opera.
La questione della coesione tra testo e musica è cruciale in un capolavoro come Don Giovanni. Il libretto di Lorenzo Da Ponte, perfettamente fuso con la partitura di Mozart, è fortemente legato al suo contesto storico e ai cambiamenti sociali del Settecento. Il libertinaggio, il conflitto tra classi e il giudizio morale sono elementi che caratterizzano il secolo dei Lumi, e l’ambientazione originale dell’opera non è solo un dettaglio estetico, ma una componente sostanziale del suo significato.
Raffinatezza visiva e cast eterogeneo
A livello visivo, lo spettacolo ha mantenuto un’eleganza innegabile grazie agli splendidi costumi di Franca Squarciapino, caratterizzati da raffinatezza cromatica, morbidezza nei tessuti e ricercatezza sartoriale. Le scenografie, sontuose e curate nei dettagli, hanno reso la messa in scena esteticamente affascinante, anche agli occhi degli spettatori meno inclini a certe libertà interpretative.
Il cast ha offerto una performance di alto livello, con interpreti dalla solida preparazione tecnica. In particolare, sono state apprezzate le prove di Valerio Borgioni (Don Ottavio), giovane tenore dal timbro espressivo, Desirée Rancatore (Donna Anna), già nota al pubblico catanese per la sua vocalità limpida e sicura, e Albane Carrere (Zerlina), dotata di grande musicalità. Meno convincente, invece, la prova di Markus Werba (Don Giovanni) e di Christian Senn (Leporello), le cui interpretazioni non hanno raggiunto le aspettative.
Sul podio, Beatrice Venezi, alla sua seconda direzione mozartiana a Catania dopo Le nozze di Figaro, ha offerto una lettura che, seppur tecnicamente ineccepibile, è stata percepita da alcuni critici come monocromatica, mancando di quel brio e di quella vivacità ritmica che caratterizzano la scrittura di Mozart. Tuttavia, l’Orchestra del Teatro Massimo Bellini, insieme al Coro diretto da Luigi Petrozziello, ha dimostrato un’eccellente preparazione, regalando momenti di grande impatto sonoro, soprattutto nella travolgente ouverture, capace di evocare con potenza le inquietudini e le ombre che pervadono l’opera.
Nonostante alcune scelte registiche discutibili, questo Don Giovanni ha saputo mantenere intatta la sua potenza drammatica e musicale. La grandezza di Mozart risiede nella capacità di coniugare leggerezza e profondità, comicità e tragedia, in un equilibrio perfetto che continua a catturare e interrogare lo spettatore.
E, alla fine, Mozart piace sempre.